giovedì 11 ottobre 2007

Il diritto d'autore vs la pirateria

Ancora un link dal blog di Attivissimo, ma che ha generato un'interessante discussione nei commenti: ancora una volta al centro dell'attenzione la controversa questione tra detentori di copyright e "pirati" del peer-to-peer. "Colpirne uno per educarne cento" sembrerebbe il motto che la RIAA, l'associazione dei discografici americani, vuole insegnare al pubblico, dato che la donna che ha avuto la sfortuna di essere beccata (complici alcune sue ingenue imprudenze), è stata condannata a pagare 222.000 dollari di multa più spese processuali per avere scaricato e condiviso su Kazaa ben ventiquattro canzoni. Sono tantissime, lo so, e ovviamente la condannata ha già annunciato che farà ricorso, ma quel che è più interessante è la controversia di princìpi tra la realtà della pirateria, dei prezzi eccessivi della produzione musicale, sostenitori del diritto d'autore come della libera distribuzione, e relative filosofie di base, che puntualmente si ripresenta ad ogni comparsa di una notizia del genere (vedi appunto i commenti all'articolo di Attivissimo, i concetti esposti sono tutti molto interessanti).
Qui mi premeva sottolineare concetti che prendono spunto da un intervento di "Rado il figo": in relazione al degrado della situazione della pirateria, riferisce che alcuni suoi conoscenti sono a un punto tale che non vanno più al cinema, ai concerti, non comprano più CD musicali o film su DVD nemmeno in edicola, perchè tanto si può scaricare tutto gratis da Internet (salvo poi avere la faccia tosta di lamentarsi perchè mancano i contenuti speciali et similia).
Al che vorrei rispondere che non ne ho mai visti personalmente, ma quelli che nomina mi sembrano soltanto ragazzi stupidi che ormai per principio, pigrizia o abitudine qualunque cosa vogliano la scaricano. Non mi verranno a dire che per loro 5 Euro di CD (se li costassero) sarebbero una grossa spesa... non si può includere individui del genere nel discorso, perchè scaricherebbero qualunque cosa comunque, per quanto basso possa essere il loro prezzo. Sono come i discografici da "in galera tutti i pirati!", sono arroccati sulle loro posizioni e da lì non si smuoveranno. Noi dobbiamo lavorare sulle posizioni di mezzo, disposte a cambiare. Anch'io ad esempio, costasse di meno credo che comprerei più musica su CD, perchè mi piace sperimentare. (E' vero che sono anche piuttosto pigro, altrimenti avrei già guardato i cataloghi online di MP3 senza DRM, o provato il settore indie in rete...) Senza contare che è sì ingiusto pagare troppo, ma quando si paga niente si tende a dare poco valore al bene ottenuto, e questo sminuisce il lavoro di quelli che l'hanno creato...
Comunque, in un mondo come quello odierno, in cui tutto è facilmente duplicabile, ormai possiamo fare affidamento solo sull'onestà della gente, indirettamente responsabilizzandola. Esempio lampante sono i webcomic. Ce ne sono tantissimi, tutti prodotti e pubblicati in proprio, e i guadagni agli autori derivano meritocraticamente dalla loro abilità e popolarità vendendo magliette, illustrazioni e copie rilegate. Certo, chiunque potrebbe solo salvare le tavole sul disco rigido, oppure prenderle e pubblicarle per conto suo (come succede a volte su siti-community di artisti come Deviantart), ma pochi lo fanno... cosa che testimonia anche la validità della pubblicazione diretta senza intermediari: al massimo serve una persona che ti faccia il sito se non sei pratico, ma se tu editore/discografico vuoi rimanere della partita bisogna che cambi e ti adatti (ad esempio offrendo studio di registrazione e promozione professionali), altrimenti verrai messo da parte. E' anche di questo che si parla quando Attivissimo o chi altro dice "contenuti aggiunti". L'atmosfera di un concerto dal vivo, il vedere e sentire direttamente i propri beniamini, le orecchie che fischiano il giorno dopo... come anche la jewel case con il libretto di un CD, la copia rilegata del webcomic, il libro brossurato con sovracoperta, sono tutte cose che non si possono duplicare, e sono quelle che giustificano un prezzo maggiore della versione materiale rispetto all'opera nuda e cruda scaricata (anche se in effetti gli attuali prezzi dei CD, pur con scatola e libretto, sono esagerati). Se una cosa costa poco (il giusto), sarò invogliato a acquistarla regolarmente; se inoltre questa cosa mi piace, sarò ben contento di pagare anche qualcosa di più. Se invece ti prendi la versione piratata, stai a quello che passa il convento, ovvero il rischio della poca cura pur di vendere o distribuire in giro il materiale: MP3 tagliati o codificati male, film senza contenuti speciali, oppure ripresi con la telecamera dentro al cinema con audio pessimo e gente che tossisce in diretta... e a quel punto che cavolo ti lamenti a fare?
Non c'è niente da fare, è ovvio che serve una revisione generale del modello di distribuzione e business discografico che pur avendo funzionato per anni e anni, adesso deve cambiare. I prezzi dei supporti materiali come i CD sono stati gonfiati artificialmente a livelli ingiustificabili, mentre la crescita di Internet ha stravolto il sistema di scambio, promozione e distribuzione. Appare evidente che le misure di sicurezza restrittive come il DRM finiscono per danneggiare solo chi non sa come aggirarle, ovvero gli acquirenti onesti, i pirati continuano indisturbati, considerando che quella qui citata è la prima sentenza conclusa contro uno di loro, e le case discografiche non riescono o non vogliono rendersi conto di starsi aggrappando a un sistema obsoleto che diventa sempre meno valido. Poche eccezioni stanno cominciando a vendere via Internet brani MP3 anche di cantanti famosi, e privi di sistemi di protezione... speriamo che il futuro porti maggiore lungimiranza, specialmente ai produttori di contenuti e legislatori in giro per il mondo, che solitamente non sono molto rapidi a recepire i cambiamenti.

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